WRC SICUREZZA O AUTOLESIONISMO

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Il debutto delle nuove rally1 ibride è stato accompagnato, in questi ultimi mesi, da una attenzione particolare da parte del legislatore sulla sicurezza, qualcosa di sacrosanto ma in alcuni casi è sfociato in derive al limite del maniacale, che si sono tramutate in una sorta di autolesionismo mediatico.

Il passaggio all’ibrido, imposto da Todt porta con sé molti limiti, ed in particolare un regolamento che riteniamo filosoficamente sbagliato, ma se non altro è stato un passo avanti che era obbligatorio fare, rinviato per troppi anni, ed arrivato in cronico ritardo. La cosa più sbagliata oggi è pensare di fare un passo indietro rifiutando il presente, nel nome di un futuro i cui dettagli non sono così ben delineati. Paradossalmente a dare man forte e nuove motivazioni a cui aggrapparsi, a chi è meno incline al cambiamento, sono state alcune derive legate alla sicurezza. Figlie di una voglia esasperata di dimostrare un livello di sicurezza assoluto, che non c’era nel vecchio e non ci può essere nel nuovo. Una di queste derive prossime all’autolesionismo è quella dei protocolli sicurezza, con luci verdi e stiker HY, debite per le squadre di intervento e per i marshall. Ma tentare di trasformare questo documento in una sorta di manuale per il pubblico, è stato come affiggere un manifesto sulla pericolosità dei rally e dell’ibrido. Come se poi il pubblico fosse l’unico a potere venire in contatto con queste vetture, dimenticandosi che per ogni chilometro di prova speciale c’è ne sono almeno tre di trasferimento, e se c’è un pericolo potenziale è lo stesso per utenti della strada, ed eventuali curiosi. In tutte le cose occorre essere pragmatici, il rischio di essere fulminati c’è, ed azzerarlo completamente è impossibile, ma non è poi così superiore a quello di essere colpiti da un fulmine durante un temporale. Un rischio che probabilmente è superiore in tutte quelle vetture stradali che utilizzano sistemi ad alto voltaggio, visto che nel sistema adottato sulle rally1 molte delle nuove procedure da attivare da parte dell’equipaggio sono per avere maggiore sicurezza negli stacchi. Il Montecarlo ci ha insegnato che anche nelle botte più dure la sicurezza c’è (quella elettrica), ed anche la compagnia della spinta è stata più che mai attiva, nonostante una gara con pochi trabocchetti on ice. In molti di questi interventi si è visto un palese contrasto tra le istruzioni date ai marshall, mentre i piloti invocavano aiuto appena infossati, forse era il caso di istruire anche gli equipaggi? O forse sarebbe stato il caso di mediare con la realtà ed evitare direttive inapplicabili.

Un manifesto che se vogliamo faceva a pugni anche con l’operatività consentita all’equipaggio sulla vettura stessa. Le leggi sul lavoro e la sicurezza in tutto il mondo quando si lavora su queste vetture impone una serie di procedure, le stesse di un concessionario che opera su una vettura stradale elettrica. Per cui nulla da eccepire sui coni verdi sulle vetture nel service e tutto il resto. Ma la logica terrena a questo punto pretenderebbe altrettanta attenzione quando si ripara la sospensione, o si eseguono altri interventi sulla vettura compreso quando si incrociano le gomme. Forse è arrivato il momento di tornare con i piedi per terra e trovare i giusti equilibri.

Altra contraddizione arriva dal volo di Fourmaux, pauroso quanto si vuole ma che mostra un grado di sicurezza altissimo. Almeno sino a quando i commissari vanno a creare un cordone umano attorno alla vettura che più che tenere a bada il pubblico lo attira. Si è creata così una zona ad alto pericolo, sotto il livello stradale là dove poteva uscire un’altra vettura che avrebbe richiesto uno stop immediato. Come è successo nel caso di Evans, dove la direzione gara ha dimostrato di avere fatto tesoro dell’esperienza del venerdì.

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