SAFARI E I CONTROSENSI DEL WRC

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Da una settimana a questa parte su tutti i media si fa un gran discutere se il Safari avrà ancora qualche aspetto all’altezza della sua leggenda, un dibattito che la FIA e il promoter WRC stimolano per cercare di aumentare il plus valore del loro campionato, ma dall’altro castrano in maniera brutale con regole come il divieto di svolgere test fuori dall’Europa.

Indipendentemente dai chilometri della gara e da un formato fotocopiato pari pari dalle altre gare della serie la discussione sulla tipicità del Safari 2021, non si pone minimamente, ma a lasciare di stucco sono certe dichiarazioni che arrivano dalla FIA e dagli uomini del promotore. Dove si parla di una gara che non sarà quella di una volta, ma che potrà contare su tutto il fascino dell’africa e dei percorsi che questa propone. Una gara fermamente voluta da tutti per il suo alone leggendario, che dovrebbe arricchire un campionato che nonostante tutti i proclami (ed il gioco delle candidature civetta come se piovesse) risulta più eurocentrico di una volta. Che il Safari degli anni Ottanta sia un lontano ricordo, probabilmente irripetibile è una realtà accettata da tutti, un discorso che però cambia rispetto alle ultime quattro edizioni, quando chilometri a parte (circa un migliaio), lo standard era quello classico di un rally fatto di prove speciali e non controlli orari. Ed aveva una sua anima che andava oltre alle immagini, ed ai panorami che propone il Kenia, oppure agli scatti da social fatti dagli equipaggi e addetti ai lavori per fare immergere i fans dei rally nell’atmosfera del continente nero. Una serie di ragioni più che mai condivisibile, ma che hanno al loro interno una serie di controsensi grandi come un grattacielo. Quello più macroscopico di tutti è legato ai test contingentati, non potere andare a provare in Kenya è un non senso totale, come lo era non potere andare in Messico, un’economia marginale che fa a pugni con l’andare a cercare delle gare con una loro identità specifica fuori dall’Europa. Quest’anno con i problemi legati alla pandemia sarebbe stato tutto molto complicato, ma concedere una deroga a gare particolari come Safari e Mexico non è quello che può mandare in rovina questa o quella squadra. Certamente una M-Sport a caso non riuscirebbe a starci dentro, ma da settembre del 2020 gli uomini di Wilson nel 50% delle gare hanno rinunciato ai test pre-gara, che si è riflettuta in un’assoluta mancanza di competitività, per cui è evidente che nel loro caso il problema si pone addirittura sul basico e tutte queste regole non spostano nulla. Inoltre, se si vuole ingolosire nuove realtà bisogna dargli l’opportunità di assaporare tutte le portate, quindi anche vedere qualche mese prima della gara piloti e squadre test all’opera. Impensabile ed inappropriati i due o tre mesi di lavoro di Lancia, Peugeot ecc.. negli anni Ottanta, ma una settimana o due eviterebbero un salto nel buio, oltre a consentire di dare a chi ha la fortuna di avere qualcosa di differente di esaltarlo e non mortificarlo.

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