ROMA CONTROCORRENTE

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Il rally di Roma pur restando obbligatoriamente imbrigliato nell’Euro format ha rotto gli schemi proponendo due speciali lunghe sui trenta chilometri, quattro stage dove si sono concentrati ben centoventidue chilometri dei centottantasette della gara. Una scelta che ha dato più fascino, dimostrando che basta uscire leggermente dagli schemi per dare più mordente.

Negli ultimi anni del decennio che ci siamo appena lasciati alle spalle, dal WRC alle serie continentali, a diminuire non sono stati tanto i chilometraggi complessivi (il range precedente variava dai trecento ai trecentocinquanta, oggi la maggioranza delle gare si posiziona sui trecento), quanto le speciali lunghe quelle dai trenta ai cinquanta chilometri. Un esercizio sul passo gara in un WRC e ERC dove sempre più spesso si parte a tutta e si arriva a tutta; mentre sulle speciali lunghe entrano in ballo anche la gestione di gomme e meccanica. A contribuire a dare un taglio alle speciali più lunghe sono state le norme della FIA, nella valutazione di una gara ci si riempie sempre la bocca della parola sicurezza, ma in realtà la vera discriminante (a parte i soldi del contratto con il promotore) sono i chilometri cancellati. Se per qualsiasi motivo si deve tirare un colpo di spugna su una speciale lunga, vedi Mexico 2017, oppure Corsica 2015, il conto diventa subito molto salato. Così di anno in anno anche gli organizzatori più coraggiosi hanno preferito distribuire in maniera più omogenea il proprio chilometraggio. Anche se questo significava rinunciare a delle speciali simbolo in grado di dare una svolta alla gara, un connubio tra il fascino del percorso e la leggenda delle grandi imprese. Roma Capitale invece ha dimostrato che “si può fare”, e nelle due giornate di gare ha piazzato sia il primo che il secondo giorno due prove da tenta chilometri (29 la Santopadre Fontana Liri, 32 la Rocca di Cave Subiaco), una novità che ha dato plus alla gara moltiplicandone l’interesse sportivo, nonostante il chilometraggio complessivo abbia perso una manciata di chilometri dalle ultime due edizioni. Una dimostrazione pratica che i format che stanno imbrigliando i rally dal mondiale alle gare minore, non stanno facendo il bene della specialità ma bisogna avere il coraggio di uscire dagli schemi.

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