Il Mexico ritorna dopo due anni di pausa forzosa, causa covid, e i suoi 31 iscritti sono già stati fonte di polemiche di chi vorrebbe gli elenchi iscritti con duecento vetture e secondo qualcuno una ventina di piloti e vetture in grado di giocarsi il successo, una realtà spesso alterata da ricordi lontani e fumosi legati soprattutto agli alti e dimenticando tutti i bassi.
Con il Massico si è tornati a puntare il dito sugli elenchi iscritti della gara centro americana, secondo qualcuno troppo miseri per meritare il mondiale, anche se parlando di iscritti sono decisamente più significativi i 51 della Svezia, un terzo di quelli presenti nel 1988. Anno in cui andò in scena il mondiale made in USA, ovvero l’Olimpus, dove al via si presentarono in 29 con due sole vetture ufficiali le Lancia Delta Integrale di Biasion e Fiorio. Cinquecento chilometri tutti in controllo che si sono conclusi con Miki davanti a Alex di cinque minuti, ed al terzo posto l’Audi Coupé Quattro di John Buffum ben sedici minuti dietro. Ma sulle extraeuropee non andava molto meglio nemmeno negli anni d’oro delle gruppo B. Lasciando fuori l’Olimpus che più di una cinquantina di iscritti non ha mai fatto, in Argentina una gara sentita come poche, dal pubblico e con un importante movimento di base alle spalle, allora aveva messo assieme un elenco iscritti con ben centocinquanta vetture (quasi come quelli del Montecarlo di quell’anno). Le vetture ufficiali però erano solamente sei tre Peugeot 205 T16 e tre Lancia Delta S4, con tre quattro piloti in grado di vincere. Certamente allora era possibile trovare parecchie gruppo B soprattutto nelle gare Europee, ma in molti casi si trattava di gentleman alla Serderidis e comunque anche nel caso di forti piloti nazionali senza possibilità di battersi per il successo. Ai tempi d’oro in certe gare per interessi di mercato si presentavano due e a volte un solo costruttore, con ordini di scuderie blindati. Le case costruttrici chi si battevano per il titolo o meno non prendevano nessun impegno, nemmeno per correre metà stagione, era evidente che si faceva cassa sull’elenco iscritti. Ma in certe gare lunghe e massacranti l’imperativo era arrivare, per cui almeno i due terzi viaggiava al 75, 80% del proprio passo. La cosa più sbagliata è fare delle comparazioni meglio allora, o meglio oggi, epoche diverse, vetture diverse, ed un mondo diverso. Quello che però fa sorridere è il volere dare peso alla quantità, almeno da parte di qualcuno; come se questo cambiasse l’essenza di una gara dove ci sono dieci macchine e si fa fatica a dare una visibilità minimale a quelli del WRC2. Avere dieci vetture che corrono nell’anonimato più totale oppure cento, nell’ambito di una competizione mondiale non sposta assolutamente nulla.