SICUREZZA DEVIATA

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La rincorsa alla sicurezza totale come abbiamo sottolineato in un articolo di qualche settimana addietro sempre più spesso si sta spostando sul percepito, ovvero quanto ci propongono le camere on-board. Al centro del Focus c’è sempre il pubblico, ma al Safari il caso Greensmith ha messo il dito nella piaga sulla formazione del personale.

Con il passare degli anni il dossier sicurezza è diventato uno dei punti nodali del motorsport, ma troppo spesso ci si affida a ex piloti e navigatori, ai quali viene però richiesto di calarsi nel ruolo del poliziotto e basta. Ma l’argomento non può certo essere risolto da qualche singolo, con la spiccata tendenza a rispondere “signor Si”; senza un piano adeguatamente studiato a più mani e con più competenze, si stanno affrontando soltanto pochi singoli aspetti della sicurezza, mai nella sua interezza. Uno dei punti nodali è la formazione del personale, ovvero quella degli ufficiali di gara; anche nel WRC dove tutto costa carissimo e la professionalità impera, l’argomento formazione resta secondario. Ma non potrebbe essere altrimenti visto che anche in quel mondo incantato del WRC la stragrande maggioranza di chi lavora all’evento è un volontario. Facile dare contro questo o quello, ma quanto è successo al Safari mette in luce tutta la gravità della situazione, che va ben oltre a qualche pasticcio con le bandiere. In pratica è emersa in tutta la sua complessità l’argomento luce verde e luce rossa, che ha evidentemente messo l’accento nell’istruzione dei marshall locali sulla priorità pubblico; da non fare avvicinare punto e basta. Così quando Greensmith è uscito di strada nonostante la luce verde accesa i marshall si sono focalizzati sul tenere a bada pubblico, e qualche sparuto addetto ai lavori che voleva dare una mano a Gus. Il pilota britannico con la vettura su un fianco e le portiere bloccate ha dovuto sfondare con i piedi il vetro del parabrezza per uscire da davanti. Molti hanno messo l’accento su chi filmava, in realtà era ben più preoccupante il fatto che i marshall si siano impegnati solamente a fare si che nessuno si avvicinasse alla macchina. Senza che nessuno si sia sincerato delle condizioni dell’equipaggio. Un azione corroborata dalla presenza di qualche militare con tanto di fucile spianato, l’equipaggio è riuscito ad uscire dopo circa tre minuti, ma se la situazione fosse stata realmente grave magari con un principio di incendio, è inevitabile chiedersi ma cosa sarebbe potuto accedere. E’ evidente che quell’infarinata di istruzione data oggi ha come priorità non lasciare avvicinare nessuno alla vettura, ma quando l’addestramento è carente non si può certo sperare di fare passare molti altri messaggi o peggio ancora procedure più complesse. Con buona pace della sicurezza vera, dove le probabilità per un pilota di farsi male in un incidente sono elevatissime al confronto del pericolo di ricevere una scarica elettrica e rimanere folgorato.  

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