S.O.S. TERRA A RISCHIO ESTINZIONE

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Un numero considerevole di addetti ai lavori e soprattutto una marea di tifosi guarda ai fondi sterrati con la stessa passione di una volta e più di uno si è indignato per il mancato ingresso nel CIAR, ma guardando le nuove regole del CIRT fa strano nessuno insorga davanti a piccoli ritocchi insignificanti, chilometri a parte, davanti a una serie agonizzante oramai rischio estinzione.

Dopo le prime due gare, il Città di Foligno e il Val D’Orcia che hanno raccolto la prima sessantaquattro vetture e sessantasette la seconda, si è drasticamente precipitati sotto le cinquanta vetture all’Adriatico, San Marino e Vermentino e le previsioni non promettono nulla di più per il Marche. Numeri a rischio sopravvivenza per una gara su asfalto, figuriamoci là dove in molti casi si devono aggiungere i ripristini delle strade. Portare il limite minimo a novanta chilometri se da una parte è un minimo sindacale, dall’altra lascia quantomeno perplessi non siano state fatte delle valutazioni più attente, perché i costi per gli organizzatori e per gli equipaggi si annidano principalmente nei chilometri di prova speciale. Concentrare la gara in una sola giornata, lasciando shake, prove, qualifica e palco partenza non è certamente una grandissima novità, è quanto hanno fatto Foligno, Adriatico, e farà il Marche. Le altre tre gare hanno spalmato le loro gare su due giornate, utilizzato delle formule differenti tra loro. A questo proposito la nuova norma che consente la ripetizione di una speciale nella prima tappa se non intervallata da un’altra speciale, è un vincolo in più di cui è difficile intravederne un utilità pratica concreta. Il nodo chilometrico, fissato in questa stagione per il CIRT da un minimo di sessanta chilometri a un massimo di ottanta, ha visto le sei gare del campionato attestarsi su una settantina di Km.; un limite molto basso, ma portare tutti sopra i novanta è la giusta ricetta? In questo momento oltre alle sei gare di campionato sulla terra ci sono solamente il WRC Italia Sardegna, Brunello e Prealpi Master Show. Gare completamente atipiche e profondamente differenti tra di loro, lasciando da parte la Sardegna che ha un suo perché in quanto mondiale, il Brunello ha una storia tutta sua con un bilanciamento perfetto storico e moderno. Una formula che supera i cento chilometri, ma su quella che è la più bella terra Italiana, e con un impalcatura adeguata che l’anno passato ha sfiorato i settanta iscritti tra le moderne e superato quella soglia tra le storiche, un fenomeno da analizzare dettagliatamente. Non è certamente una caso in questi anni abbia sempre rifiutato di ingabbiarsi nelle regole del CIRT. Al contrario il Prealpi Master Show è rimasto su un formato simil ronde, con una quarantina di chilometri; nata come festa di fine stagione del triveneto e rimasta tale negli anni, anche quando faceva parte del Raceday. Quest’anno sono entrate a calendario il Valli del Tevere di una sessantina di chilometri, che ha raccolto 46 vetture moderne, molte di queste venute per preparare il CIRT e una ventina di storiche del CIRTS. Chiusdino invece senza l’apporto delle storiche ha dovuto issare bandiera bianca. Oggi la terra non ha bisogno di piccoli ritocchi o aggiustamenti, ma di un corposo intervento a favore degli organizzatori, visto che mancano le gare e le presenti stanno mettendo pezze ovunque per stare in piedi. Dall’altra urge trovare delle formule per riavvicinare piloti e vetture invertendo una tendenza che sta dissanguando la specialità.

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