MESSICO SEMPRE PIU’ PERICOLOSO

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La sicurezza nel nuovo millennio più che di un fattore ben reale con basi solide e ben precise sta diventando un fatto di percezione destinato a cavalcare l’onda del sentiment del momento, dove chi è più attento al tema spesso paga il prezzo più alto mentre chi è più bravo a nascondere la polvere sotto i tappeti ne esce meglio.  

La pratica calendario WRC che si era aperta nel giugno dell’anno passato, qualcuno l’ha data per chiusa a novembre, ma con il colpo di coda del Cile ha lasciato strascichi sino a fine dicembre, ed appena si sono smorzati è nato il caso Sweden. Da sempre refrattario a spostamenti, che questa volta ha mandato in scena una farsa che sembra essere andata bene quasi a tutti, ma per fortuna questa volta a prendere posizione è stato Todt, determinato a riportare la centralità della federazione in queste decisioni. Un interventismo che si era già visto in autunno, quando era entrato a gamba tesa in alcune trattative che si erano oramai arenate nel nome di budget e durata dei contratti. Quello che ci lascia perplessi avendo spostato in questi ultimi anni la stesura dei contratti a trattative tra gli organizzatori e il promotore, è come il denaro abbia consolidato la posizione di alcune gare che invece di punti interrogativi ne sollevano parecchi. Una di queste gare è il rally del Messico, gara molto bella e particolare con le sue speciali tutte in quota, unico evento ad essere riuscito a conquistarsi un pubblico importante che prima non esisteva. Ma dall’altra parte l’emergenza sicurezza in questi ultimi tre anni è schizzata alle stelle, con uno scontro sempre più violento tra i cartelli e le bande ad essi affiliate, contro l’esercito Messicano che oramai è andato a sostituire la polizia. Una situazione esplosiva, con numeri da guerra civile, con più di 900 morti proprio nello stato di Guanajuato solamente nei primi tre mesi del 2019. Che la cosa non abbia sollevato il minimo dubbio in queste ultime stagioni lascia perplessi, considerati i problemi di sicurezza che avevano mandato in crisi una decina di anni orsono la Turchia di Antalya (per la guerra in Siria) e la Giordania per il pericolo di attentati filo islamici.    

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