L’ELBA E I GIOCHI DEGLI SCARTI

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La concomitanza con il rally Italia Sardegna mondiale ha sicuramente portato via una fetta di visibilità nazionale all’Elba, ma pur non influendo sull’affluenza dei concorrenti, vista la differenza sostanziale tra le due gare che si rivolgono a differenti bacini di utenza, l’Elba con un elenco iscritti di appena 51 vetture iscritte merita un approfondimento.

Che la entry list Elbana sia riuscita a fatica a superare la cinquantina di vetture, partecipazione inferiore anche a quella del 2018 quando faceva parte del CIR, serie che a iscritti ha sempre faticato. Una anomalia in controtendenza in questa stagione dove i numeri sono risultati in salita oppure stazionari, merita sicuramente una attenta riflessione. Anche perché l’Elba pur adeguandosi ai chilometraggi dell’era covid-19, si è presentata con un format decisamente interessante, con un percorso concentrato stile ventiquattro ore, spalmato però su due mezze giornate, con due stage in notturna e due sopra i venti chilometri. Un cliché da rally vero lontano dal formato sprint adottato dai più. I numeri però sono abbastanza impietosi e mettono in evidenza due ragioni specifiche, la prima è quello di un campionato di quattro gare dove l’avere mantenuto la possibilità di scartare una delle quattro è andato forzatamente a penalizzare l’anello più debole. In questo caso l’Elba che essendo un’isola raggiungibile solo via mare propone una trasferta più complicata e probabilmente più costosa. Inoltre il CI WRC è campionato a trazione padana, è quindi abbastanza evidente che senza il bonus del coefficiente 1,5 (come l’anno passato) l’Elba avrebbe perso più concorrenti rispetto alle altre prove. Ma a pesare in maniera significativa, almeno rispetto alle altre prove CIR e CI WRC c’è stata anche la scarsa presenza degli equipaggi del CRZ. Vuoi perché essendo il quarto ed ultimo appuntamento della zona 6 i giochi erano praticamente fatti. Anche se guardando al passato l’impressione è che l’idea di CRZ proposta dagli Elbani, con la formula di adottare il percorso integrale non riesca ad attirare i piloti che frequentano le zone. Una scelta adottata dopo l’anno del CIR, quando gli iscritti alla gara dimezzata (CRZ) furono appena una decina. E’ quindi abbastanza chiaro che tra costi maggiori che propone la versione integrale, ed il timore che incutono questi asfalti tutti da interpretare, con un paio di prove lunghe (che oramai sono sparite da quasi tutti i rally) non rappresenta un plus ma un deterrente. Tutti dati su cui riflettere per avere un idea più chiara su come costruire il futuro a breve, ma anche a medio e lungo termine.  

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