LE SETTE PIAGHE DEL SAFARI

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Nelle querelle del Safari che oramai va avanti da un anno in questi giorni si comincia ad affacciare lo spettro del Covid-19, il preoccupante evolversi internazionale dell’epidemia e dei suoi strascichi potrebbe coinvolgere anche la gara Kenyota. Ma è comunque abbastanza evidente che la gara sia sotto attacco e non dalla pandemia.

Chi sia contro e chi pro nel caso del Safari resta avvolto in un alone di mistero, perché si ha l’impressione di avere a che fare con un affair trasversale al feroce scontro all’arma bianca che sta andando in scena dietro le quinte tra la FIA ed il Promoter. Quando più di un anno fa si mando in scena l’edizione zero era abbastanza evidente che ci fossero sia le coperture finanziarie che quelle politiche. Ma nonostante questo le perplessità in tema di sicurezza sono venute a galla, una cosa decisamente incredibile non tanto perché le pecche venute alla luce non fossero veritiere, oppure esagerate. Chi ha vissuto le ultime edizioni della gara Africana, quella dove la classifica si faceva sulle speciali e non ai controlli orari, sapeva dove guardare senza il bisogno di essere presente per capire che in tema di sicurezza le problematiche sono le stesse di allora. A sollevare qualche punto interrogativo è stato il fatto che quando in passato c’era convergenza tra politica e soldi, agli ispettori sono sempre state garantite fette di prosciutto da mettere al posto degli occhiali, usate sempre con molta diligenza. Con il passare del tempo l’incognita sicurezza non sembrava più fare rumore così di colpo è venuto a galla l’emergenza terrorismo, una minaccia innegabile, visto che il paese convive con il terrorismo islamico a firma Al Shabaab oramai da un ventennio. Un terrorismo pericoloso, che però spesso propone azioni più vicine al brigantaggio, nel complesso su atti di terrorismo eclatanti, quelli più vicini al nostro concetto di terrore il grado di allarme non è così differente da quello europeo. Visto che negli ultimi anni soprattutto in Francia, Germania e Gran Bretagna il terrorismo non ha mai smesso di farsi sentire. L’ultima in ordine temporale è stata l’invasione delle cavallette, uno sciame dalle proporzioni bibliche che dalla penisola arabica si è spostata nei paesi del corno d’Africa. Un problema reale che sta affamando una parte già molto povera del mondo, ma sufficientemente distante dalla regione del rally, con lo sciame che sta migrando verso nord, allontanandosi ancora di più. Anche se l’episodio può sembrare paradossale, è dovuto intervenire nuovamente il governo a gettare acqua sul fuoco, come se questo fronte trasversale non sia solamente un affare internazionale ma abbia anche un’origine interna. Quello che però oggi qualcuno continua a sottovalutare ovvero i tempi della crisi sanitaria mondiale, potrebbe essere l’unico elemento in grado di mettere in crisi il Kenya, perché con l’allentarsi delle maglie del lockdown europeo le quarantene soprattutto verso le mete intercontinentali rischiano di spuntare come funghi in tutto il pianeta.

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