IL SAFARI GETTA LA SPUGNA

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La gara Africana alla fine di un interminabile quanto ridicolo braccio di ferro decide di cancellare l’edizione 2020 e dà l’appuntamento per il suo ritorno nel WRC al 2021. Ma resta il pesante strascico di una pantomima insensata su chi dovesse decidere l’inevitabile.

La tanto attesa decisione è arrivata, il Safari 2020 è stato cancellato e da l’arrivederci al 2021. Una pagina forse più brutta di quanto è andato in scena in Messico quando sin dal venerdì si è cominciata a diffondere la voce dei contagi al seguito del rally. Come già anticipato la cancellazione non era una cosa prevedibile, ma semplicemente certa per i problemi pratici alle frontiere, ed alle esigenze di una casa costruttrice che non può mandare in Kenya dei suoi dipendenti diretti o semi diretti, in un paese dove sino alla fine della pandemia nessuna assicurazione sanitaria nazionale o privata risponderebbe. Con tutte le conseguenze legali che genererebbe anche il più piccolo incidente. Alla fine a dirimere la questione è abbastanza chiaro che sono dovuti intervenire i pezzi da novanta di entrambi le parti, mentre nei piani bassi se le davano di santa ragione per cercare di lasciare il cerino della cancellazione acceso nelle mani della controparte. Non a caso solamente ieri è stata fatta uscire in maniera informale un intervista dove si parlava delle ultime ricognizioni organizzative sul percorso, della prossima apertura delle iscrizioni e si ventilava l’ipotesi di un ipotetico corridoio preferenziale riservato a squadre e concorrenti. Mentre dall’altra come tutta risposta si è continuato a mandare avanti rappresentanti delle truppe che avrebbero dovuto essere sul campo a riaffermare che la trasferta non si doveva fare. Il fatto che a metterci la mano ancora una volta è dovuta intervenire la FIA fa capire che gli attriti tra i vertici e chi dovrebbe gestire non solo l’immagine, ma anche i rapporti con i vari giocatori in campo ci sono eccome.                             

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