I TEST CHE DIVIDONO

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Le nuove norme per regolamentare i test su strada in questo periodo di coronavirus, hanno fatto storcere il naso a molti, ma purtroppo si tratta di argomento border line che in periodo di regolamenti stringenti era obbligatoriamente one way. Ma regolamentazioni e imposizioni pre covid erano già a portata di pochi, squadre ufficiali o giù di li.

Quando un paio di anni indietro si sono regolamentati i test, la scelta è stata quantomeno discutibile e se ci si voleva intestare una battaglia il periodo giusto era quello, ma anche allora tutto si fermo al dissenso verbale oppure social. Sul principio è impossibile non essere d’accordo, anzi si potrebbe anche rincarare la dose, ma se ci si misura con la realtà, sbattendo il muso nella burocrazia statale ed assicurativa le vie sono solamente due: restare nel limbo, oppure accettare quell’articolato e costoso regolamento. Un esempio di quanto detto è quello di una dimostrazione o spettacolo senza cronometri (in piccoli impianti, oppure piazzalate), quando non vigeva ancora il monopolio assicurativo federale, i costi assicurativi erano comunque pari a quelli di una gara (di quel genere, tipo F. Challange) perché considerate alla stregua di una competizione. Quelle regole furono introdotte principalmente per sanare il fiorire del fenomeno dei test collettivi, che in seguito sono fisiologicamente spariti, con il conseguente aumento dei costi. Se vogliamo ne ha stabilito la morte, ma d’altro canto in caso di incidenti avrebbero inevitabilmente creato clamore ed a cascata problemi alle gare vere. L’alternativa però c’è sempre stata, quella che a grandi linee hanno continuato a fare tutti i privati e/o preparatori, chiudere brevi tratti di strada (generalmente comunali), in accordo con gli enti proprietari delle strade. In pratica tutto come prima, nessuna caccia ai trasgressori o azioni repressive, un modus operandi che però è impossibile portare avanti in questi primi mesi di riapertura, senza protocolli e procedure codificate. Oggi purtroppo anche delle sessioni collettive, visto il contingentamento delle vetture, proporrebbero costi elevati, spesso superiori all’iscrizione ad una gara. Ma quando parliamo di test bisognerebbe avere ben chiara la differenza tra una squadra ufficiale, che svolge sessioni di una o più giornate per testare assetti, regolazioni meccaniche ed elettroniche o gomme. Un lavoro lungo dove si macinano tantissimi chilometri con costi tecnici molto onerosi, rispetto ai quali la struttura logistico organizzativa del test è percentualmente poca cosa. Altra cosa è fare qualche una dozzina di passaggi su quei due o tre chilometri per prendere la macchina in mano e fare qualche regolazione di base per una gara. Quello che generalmente fanno tutti i piloti, una sorta di pre shakedown. Nulla di codificato ma che rientrava in quella zona grigia dove si riusciva ad applicare il buon senso.. . La regolamentazione delle prove su strada è un bel passo verso quel protocollo per il semaforo verde alle competizioni, ma cozza con il concetto di economia del 90% della base dei praticanti. Cosa per professioni o se vogliamo prioritari, Aci Sport nel protocollo (probabilmente come altre federazioni) è riuscita a dare pari rilevanza davanti allo stato a tutti i suoi licenziati. Ma è evidente che per giocare ai professionisti (senza esserlo) non si può almeno senza disponibilità..  

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