L’attore e navigatore siciliano in questa intervista racconta com’è nato il suo amore per i rally e l’automobilismo, soffermandosi sul ritorno della Lancia e su quelle che erano le macchine e i piloti del passato, tracciando anche un confronto con il mondo della recitazione.
Rosario Terranova nasce a Palermo il 6 giugno 1975 e nel corso della sua lunga carriera di attore ha saputo ritagliarsi uno spazio importante, diventando un volto noto, oltre che a teatro e al cinema, anche nel piccolo schermo recitando in note serie TV come Distretto di Polizia, il Commissario Montalbano, Squadra Antimafia e Don Matteo. Parallelamente alla passione per la recitazione, fin da quando era bambino ha continuato a coltivare il suo grande amore per le corse automobilistiche. La passione per i motori è nata in famiglia grazie al papà e al nonno paterno Rosario, il quale ha avuto modo di prendere parte ad alcune gare motociclistiche e alla mitica Targa Florio, e di conseguenza l’alone magico delle corse non poteva che travolgerlo, tenendo anche presente che la Sicilia, e più precisamente la zona del palermitano, è una terra dove le auto da corsa occupano un posto speciale nel cuore di tanti siciliani.
Rosario, come ti sei avvicinato al mondo dell’automobilismo?
“Mio papà da piccolo mi ha portato diverse volte a vedere gare come la Termoli – Caccamo e la Targa Florio. Da qui è scoccata la scintilla e diventando grande la massima aspirazione, non appena ho conseguito la patente, è stata quella di prendere la licenza sportiva per iniziare a correre. La mia prima macchina è stata una A112 Abarth con la quale ho disputato i miei primi slalom e le cronoscalate.”
Dopo aver partecipato ai primi slalom e alle prime cronoscalate, il sogno più grande era però quello di esordire nei rally.
“Si esatto, il mio sogno erano i rally, soprattutto con le autostoriche, e quindi ho iniziato a navigare diversi piloti a bordo di vetture come la Lancia Fulvia e la Porsche 911, togliendomi anche delle belle soddisfazioni. Una su tutte la vittoria nel 2023 al Tindari Rally al fianco del grande Totò Riolo. Quella del rally è una passione che continuo a coltivare ed infatti quest’anno ho in progetto di prendere parte al CIRAS, ovviamente sempre tra un set e un ciack. “
Invece al mondo della recitazione come ci sei arrivato?
“La passione è cresciuta di pari passo con quella dei motori. Da bambino mettevo in piedi con degli attrezzi rudimentali una sorta di palcoscenico ed improvvisavo degli spettacoli per i miei parenti mentre nell’età adolescenziale sono iniziati i primi esperimenti con la telecamera regalatami dai miei genitori. Arrivati i fatidici diciotto anni ho iniziato a bussare a diversi teatri a Palermo fino a quando il mio primo regista Pippo Spicuzza mi aprì le porte del suo teatro, e da lì iniziai ad esibirmi sui palcoscenici. In seguito è poi arrivata la televisione, anche se il mio primo grande amore resta il teatro.”
Tra i rally e la recitazione hai trovato qualche punto di contatto?
“Quando ti esibisci a teatro è come affrontare una prova speciale, deve essere buona la prima, non si può tornare indietro. Se sbagli, sbagli. È come affrontare una prova sempre al limite. Quando hai il pubblico davanti e provi quella paura di dimenticare quello che si deve dire e si sta per aprire il sipario, è una magia che provo anche quando c’è il countdown alla partenza di una prova speciale. Un altro punto di contatto tra questi due mondi è la meticolosità e la precisione. Quando preparo uno spettacolo o un personaggio sono molto meticoloso e maniacale nei gesti, nelle movenze, nella postura e riprovo diverse volte. Analogamente nei rally sono altrettanto maniacale: dalla cura della macchina alla precisione delle note. Questa mia caratteristica me li rende molto similari.”
Nella tua vita professionale hai però avuto modo di unire queste tue due grandi passioni grazie al film Race for Glory, nel quale interpretavi la parte di Ilkka Kivimaki. Raccontaci questa esperienza.
“La cosa bella è stata raccontare le esperienze e gli uomini che c’erano dietro questi grandi successi, e qui, secondo me, era racchiusa la magia di questo film. Non tutti lo hanno apprezzato, perchè evidentemente pensavano di rivedere certe scene che si trovano nei filmati dell’epoca, ma raccontare cosa si è vinto, parlare della figura di Cesare Fiorio e delle grandissime abilità dei piloti nel pilotare le vetture di Gruppo B, è la vera essenza del film. Allo stesso tempo è stato meraviglioso trovarmi a recitare con attori come Daniel Brühl, che aveva interpretato il personaggio di Niki Lauda nel film Rush, e conoscere due pietre miliari dei rally come i fratelli Baldi. Quando durante le pause del film ci raccontavano quanto ci impiegavano per smontare un cambio della Lancia 037, rimanevi ad ascoltarli ad occhi aperti. Anche il fatto di aver avuto la possibilità di sedermi sulla macchina ex ufficiale con cui Alen vinse il Rally di Sanremo nell’83 è stato come toccare il cielo con un dito. Inoltre diverse scene sono state girate in luoghi iconici come La Mandria e Balocco dove sono state sviluppate le auto che hanno fatto la storia.”
Con Race for Glory hai avuto l’opportunità di rivivere il periodo d’oro dei rally e della Lancia. Ora che la casa torinese si è riaffacciata alla specialità con la Lancia Ypsilon Rally4, cosa ne pensi di questo ritorno?
“Faccio una premessa. I tempi della Stratos, della 037 o della Delta, non torneranno mai più. Appartengono alla storia ed è importante ora vivere quello che c’è ora. Dobbiamo cercare di vedere quello che c’è di buono: l’immagine, l’interesse, l’innovazione e non guardiamo sempre tutto come qualcosa di negativo. Ben venga che godiamo di quel passato, ma allo stesso tempo sono anche entusiasta di vedere in azione la nuova Ypsilon Rally4. Mi ha fatto anche piacere vedere che diverse case automobilistiche, come in questo caso la Lancia, seguano un gusto retrò. Se prendiamo la Ypsilon e vediamo il posteriore con il gruppo ottico che riprende la Stratos, l’anteriore con il faro esagonale che ricorda la Flavia, la livrea ispirata alla Martini, e il mixare passato e presente è una cosa che permette di ricordare il passato ma con un occhio proiettato al futuro.”
Tu che corri principalmente con le storiche, secondo te cosa manca alle macchine di oggi rispetto al passato?
“Io quegli anni gli ho vissuti, e quella magia manca. Mi rivengono alla mente quei sound che ti permettevano di capire già in lontananza che si stava avvicinando una Lancia piuttosto che una Renault. Oggi c’è tanta elettronica, le auto sono molto simili tra di loro, e ricordano un pò le macchine con cui si giocava da bambini dove cambiavi la carrozzeria ma la base è la stessa. Oggi si parla di piattaforme dove ogni costruttore mette la propria idea. È chiaro che quel periodo ormai non c’è più perchè mancano anche quelle figure ai quali noi un pò ci idolatravamo. Per quello che ho potuto, ho provato cosa significava sedersi su quelle macchine e capisci come a quel tempo c’erano questi uomini che mettevano molto di capitale umano per guidare quei mezzi. Quando in Race for Glory abbiamo girato le scene sulla terra ho proprio notato come la portiera della 037 a malapena si chiudeva e lì ti chiedevi come facevano ad andare forte con queste macchine. Oggi vediamo certi incidenti e per fortuna esci illeso dalle auto da corsa, a meno che il destino non abbia per te in riserbo qualcos’altro. Con quelle macchine se facevi certi incidenti era finita, vedasi gli incidenti di Toivonen e Bettega.”
Infine tramite i rally stai portando avanti il tuo progetto #correreperunbattito, nato per sensibilizzare le persone sull’importanza della prevenzione e che porti avanti con grande determinazione portando da esempio un triste capitolo della tua vita.
“Si esatto, ho vissuto qualche anno fa un episodio molto particolare, ovvero sono andato in arresto cardiaco e sono stato preso per il classico rotto della cuffia e sono fortunatamente tornato a vivere. Ho seguito una lunga terapia riabilitativa e mai avrei pensato di ritornare a fare quello che facevo prima. Invece sono ritornato sul palcoscenico e in un abitacolo di un auto da corsa, e qui ho capito che se ce la metti tutta ce la puoi fare. Da qui l’idea di creare questo hashtag correre per un battito di cuore ma anche per il battito inteso come il battito di mani, quindi l’applauso. Questo hashtag è stato unito al simbolo del cuore con il flash della scarica del defibrillatore e ho creato questa livrea che ho messo nelle vetture sulle quali corro. È un progetto che serve a fare da monito a tutte quelle persone che subiscono uno schiaffo dalla vita ma che hanno la perseveranza di tornare, perchè c’è sempre la possibilità di riprendere in mano la propria vita e continuare a coltivare una passione e quindi tornare a fare battere il proprio cuore. Inoltre ad ogni gara dò la possibilità ai piloti e navigatori di poter fare degli esami molti approfonditi per quanto riguarda il cuore perchè spesso ci affidiamo solamente a una visita per lo più di controllo, ma la prevenzione è molto importante perchè si possono andare a scongiurare delle situazioni che non si sono manifestate, e questo è molto importante per chi si va a cementare in uno sport che ti porta ad avere uno stress e uno sforzo fisico notevole.”